Chi è il ghost writer?

Immaginiamo che sempre più spesso sentiate nominare il termine “ghost writer”, ma chi si cela dietro questo misterioso sostantivo? La risposta sta nella domanda stessa: nell’idioma inglese, infatti, la locuzione significa letteralmente “scrittore fantasma”.

Questa figura professionale corrisponde a tutti gli effetti a un vero e proprio scrittore, ma che mette la sua arte, dietro compenso, a disposizione di conto terzi. In realtà, è un concetto estremante semplice: se una persona desidera pubblicare un libro (spesso un’autobiografia, ma non necessariamente; si può trattare infatti anche di romanzi abbozzati dal committente, di saggi, articoli o pubblicazioni scientifiche) si rivolge a uno di noi.

Scrivere è un’arte, perciò, richiede delle doti e delle conoscenze specifiche, come tutte le altre forme artistiche che conosciamo, nessuna esclusa… Dalla pittura, alla musica, giusto per citarne un paio. Il fatto di amarle non significa che con un pennello in mano o con una chitarra si riesca a creare qualcosa di valore (non a caso nel mondo del rock e del pop, il fenomeno di rivolgersi a professionisti esperti, ovvero i parolieri e i compositori, è diffusissimo).

Pubblicare un libro con il proprio nome in copertina è un’emozione indescrivibile: significa dare alla luce un prezioso prodotto artistico che vi appartiene, sapere di consentire agli altri l’occasione di “decifrarci” o scoprire ciò che abbiamo immaginato e su cui abbiamo riflettuto a lungo. Significa condividere  esperienze, tratti di cammino, spaccati di vita, pensieri ed emozioni. Lasciare loro, in altre parole, un segno inconfondibile. Quindi, se qualcuno desidera ardentemente raccontare qualcosa ma non ha le competenze e le capacità per farlo, si può rivolgere a un ghost writer. Va da sé che il libro uscirà a nome di chi l’ha richiesto, e porterà di conseguenza la sua firma. Proprio per tale ragione ci chiamano “scrittori fantasma”, perché il nostro nome non appare mai, a meno che non lo voglia l’autore. Vi sono anche altri motivi per cui qualcuno può delegare la stesura del proprio manoscritto a una terza persona; può sembrare futile, ma la mancanza di tempo stessa è spesso la concausa di questa decisione.

Il fatto che soltanto da poco si sia iniziato a parlare di scrittori fantasma non significa che la nostra sia una professione dai natali recenti; Howard Phillips Lovecraft, discepolo di Edgar Allan Poe, scrisse moltissimi libri da ghost, riuscendo peraltro a esulare con disinvoltura da quelli che erano i suoi filoni prediletti: l’horror e il romanzo gotico. Vi sono autori famosissimi che sfornano uno o due best-seller all’anno, i quali sono sospettati dai fan di vecchia data di avvalersi ormai di ghost writer, in quanto si percepisce una diversità nella cifra stilistica e, anche se il testo è veramente di spessore, gli estimatori più vecchi e accaniti, quelli che non si sono fatti sfuggire neppure una pubblicazione, non riconoscono la mano del proprio autore preferito. Può accadere anche che ci vengano affidate delle bozze che dobbiamo solo correggere e sistemare.

Trascorriamo altresì moltissimo tempo nel lavoro di ricerca; ponete il caso che il committente del libro sia una persona dalle origini siciliane che vuole ambientare l’opera nella sua Terra, mentre il ghost è lombardo… Bisognerà documentarsi il più possibile su usi e costumi, sui connotati paesaggistici, persino sulla toponomastica, quindi i nomi delle vie, dei ristoranti e dei bar per rendere assolutamente credibile il libro.

Ovviamente, tutto nasce da un’intervista preliminare, in cui si cerca di ricavare tutte le informazioni utili alla stesura del testo (al di là della trama, il tipo di linguaggio che il cliente vorrà adottare: se più aulico e poetico, o se invece più crudo e diretto; se ama la presenza di diversi dialoghi nello scritto, o se preferisce un lavoro più scarno sotto questo punto di vista; o, ancora, se desidera un romanzo in prima o in terza persona con narratore onnisciente ecc.). Le interviste preliminari posso durare due, tre, anche cinque ore e, solitamente, il ghost writer registra ogni cosa. Una volta nel suo studio, dovrà “sbobinare” il tutto, cioè riascoltare la registrazione e prendere appunti. Se il cliente lo desidera, la prima intervista può essere fatta anche di persona. Oggi, comunque, la tecnologia ci ha semplificato moltissimo la vita: possiamo interagire con il cliente anche a livello giornaliero tramite video chiamate con Skype, Google Meet, Zoom o WhatsApp, sentirlo spesso al telefono, o attraverso messaggi con cadenza regolare.  

Spesso, terminato un capitolo, lo inviamo al committente perché lo possa valutare e suggerire modifiche o migliorie. Per sommi capi, è molto più produttivo procedere in questo modo: “a piccole dosi”.

Ogni ghost decide il metodo di pagamento, che verrà ovviamente proposto al cliente prima dell’inizio del lavoro. Vi è chi si fa pagare per cartella (una cartella è una pagina Word), chi con un forfettario, altri ancora con una percentuale delle royalties delle vendite o con una combinazione di questi elementi, offrendo o meno la possibilità di dilazionare i pagamenti.