Narrare come esigenza di "arrivare" e "catturare": lo storytelling alla base della comunicazione

Chissà se gli antichi Fenici avrebbero hanno mai immaginato che i caratteri che inventarono ai fini di facilitare la stima dei loro commerci avrebbero assunto tante, svariate forme, che sarebbero diventati il pilastro di una nuova era. Ciò a cui diedero vita, infatti, ha modificato per sempre e in modo incontrovertibile il nostro mondo, segnando uno spartiacque tra preistoria (prima che la Storia venisse documentata con la scrittura) e quello che è stato dopo.

E oggi? La lista della spesa, gli impegni scritti sul calendario, le fatture, i messaggi WhastApp in tanti casi inutili, digitati senza reale trasporto, magari mentre si sta uscendo di casa in fretta e furia. E poi le scritte sui muri, i cartelli di toponomastica stradale, i trafiletti di giornale sempre più brevi… Si ferma tutto a questo? La risposta è ovviamente e per fortuna “no”.

C’è gente che ama sprofondare in una realtà parallela costituita dai libri (e sono in tanti), un’alternativa in cui i problemi e le preoccupazioni della vita quotidiana svaniscono o si inabissano nel cercare risposte in un testo, rubando alla propria frenesia dieci minuti, trenta, forse un’ora o due. Si tratta di attimi d’evasione o approfondimento, in ogni caso, istanti che possono essere unici e irripetibili.

Ma chi c’è dall’altra parte? Ve lo siete mai chiesti? Come fanno cioè certi autori ad arrivare “così”, a raggiungerci con una frase che reputiamo pazzesca e che ci può dare anche aiuto?
Scrittori e scrittrici sono individui che hanno scelto una vocazione e ne sono stati scelti per esternare un universo nuovo, il quale prende comunque spunto da questo, da ciò che eiste, è esistito o potrebbe farlo. Una realtà fatta di galassie a noi vicine o distanti, rapporti umani, avventure e disgrazie, oppure riflessioni, dissertazioni intense sul mondo che ci circonda e su quelli “invisibili” e altrettanto importanti. Questo ci rende, se possibile, ancora più vivi… Paradossalmente, infatti, la non-realtà (o fiction) influenza il nostro quotidiano, riempiendo chi ne usufruisce di spunti, vissuti e sentimenti anche contrastanti (tanto spesso, ci si individua meglio per opposizione o “per contrasto”). 

Lo storytelling (forestierismo inglese, corrispondente al termine italiano “affabulazione”) è l’atto del narrare, una disciplina che si serve dei principi della retorica e della narratologia. Tale parola si riferisce, di solito, ai vari tipi di opere di narrativa, sia audiovisive che letterarie. Letteralmente, lo storytelling è l’arte del “raccontare storie”, o comunque di trasmettere precisi contenuti, un’esigenza primaria per ciascun essere umano che voglia raggiungere un qualche scopo.

In che modo gli scrittori vi riescono? Ovvero, quando un universo letterario relativo a una carriera di scrittura o anche a un solo libro risulta avvincente? Nel momento in cui chi scrive ancora il lettore alle pagine per amore o addirittura odio, trasportandolo quindi dentro il testo e i suoi perché, donandosi alla sua (più o meno) libera interpretazione. Non si tratta di un’impresa semplice. La passione, la fantasia e il carisma non hanno discenti se non in forma innata, mentre ci sono svariati modi per rendere la propria scrittura più caleidoscopica e raffinata, impreziosita da tecniche atte a catturare l’attenzione e a suscitare quesiti in attesa di soluzioni.

Come asserì Pitagora: “Datemi un punto di appoggio e solleverò il mondo”. Il mondo sono le nostre emozioni, paure, dolori, intuizioni, pensieri e passioni; il punto di appoggio è lo scritto che permette loro di materializzarsi e raggiungere l’Altro, sciogliendo un magma interiore che richiede di essere impresso su carta, oppure dipanando riflessioni e filosofie che, se hanno senso di esistere, hanno anche la preziosa possibilità di essere fermate nel tempo.